“Gli ultimi giorni di quiete” – fine pena mai, Antonio Manzini

Il romanzo “Gli ultimi giorni di quiete” è stato scritto dall’autore Antonio Manzini e pubblicato nel 2020. Noto per il personaggio Rocco Schiavone, Manzini abbandona per un momento le indagini e le scene del crimine per cimentarsi in tutt’altro genere, che vede al centro uno dei drammi più grandi della vita umana.

Nora è seduta in treno e sta rientrando a casa quando all’improvviso lo vede. Non crede ai suoi occhi, eppure è proprio lui, Paolo Dainese, l’uomo che sei anni fa ha rapinato la tabaccheria di suo marito Pasquale uccidendo il figlio Corrado con un colpo di pistola. Da quel fatidico giorno la vita dei due genitori non è più stata la stessa. Si parlano a monosillabi ed evitano amici e parenti che hanno figli dell’età di Corrado. È incredibile come la vita del figlio valesse solo cinque anni di reclusione. Adesso Dainese è a piede libero e può rifarsi una vita, mentre Corrado non tornerà più indietro.

A Nora spetta il compito di dirlo al marito e rompere così il labile equilibrio che si è creato tra loro. La notizia deflagra come una bomba inesplosa per troppo tempo. Pasquale vuole farsi giustizia da solo, e cerca di rimediare una pistola all’insaputa della moglie. Nora cerca disperatamente l’abitazione di Paolo Dainese, perché vuole conoscere tutti i dettagli della sua nuova vita. Scopre così che l’assassino ha un lavoro e una fidanzata che fa la parrucchiera. Da quel momento Nora diventa l’ombra dei due. Li segue, li spia, spaventandoli a morte. Paolo cerca di sminuire la cosa per tenere nascosto il suo passato, per poi passare alle minacce sempre più pesanti verso la donna.

Dal canto suo Pasquale diventa sfuggente, chiude in anticipo la tabaccheria senza un motivo apparente e si trasferisce nella vecchia casa di campagna dove prova a sparare a tutto quello che gli capita a tiro. Si interroga come possa essere sparare ad un essere umano e interrompere una vita, e si lacera dal dolore pensando al figlio steso a terra esanime in un lago di sangue.

Nora, perfettamente lucida nel suo piano d’azione, passa al colpo finale nei confronti di Dainese. Affigge centinaia di volantini con la sua foto e la scritta assassino nel suo quartiere e nel negozio della fidanzata. Per Paolo questo è davvero troppo, e questo venererà un crescendo di violenze che porteranno ad una conclusione tanto inaspettata quanto triste.

Quanto vale una vita umana? Cinque, dieci, vent’anni di carcere? È la domanda che fa da sottofondo a tutto il romanzo, e a cui i personaggi danno risposte differenti “Un solo gesto inchioda quattro persone per sempre, a quel giorno di marzo di quasi sei anni prima.” È bastato così poco per rovesciare quattro vite, il tempo di un colpo di pistola.

Nora e Pasquale precipitano in una vita straziata dal dolore, incapaci di sorridere e vivere serenamente perché costantemente coperti dall’ombra del figlio che non c’è più. Da quando scoprono che Dainese è tornato a piede libero non si danno pace. E quei giorni di quiete apparente, durante i quali l’assassino di Corrado era in carcere, lasciano spazio a tutta l’angoscia di pensare al carnefice in libertà e al figlio sotto una lapide. Il lettore non può che sentirsi anch’egli parte di questo dolore così profondo che solo chi ha perso un figlio può capire.

Ma Manzini è un maestro nel farci simpatizzare anche con l’altra faccia della medaglia, Paolo Dainese. Per una stupidaggine di gioventù finita in tragedia, Paolo ha scontato la sua pena, rovinando la sua vita per sempre. L’uscita di prigione è stata difficile. Ha faticato a trovare un lavoro e a ricostruirsi una vita, cercando di lasciarsi alle spalle il suo sbaglio più grande. Ma presto il passato torna a tormentarlo nei panni di Nora, che lo segue come un uccello del malaugurio, per ricordargli il suo peccato. “Un uomo è condannato per sempre, allora?  Fine pena mai? A cosa servono i processi, la legge, la galera?”. È questo quello che passa per la testa di Paolo, frustrato dalla presenza della donna.

Ma poi, andando avanti con la storia, l’assassino sembra capire. “Lui aveva capito, aveva capito tutto. Gli errori commessi, la voglia di ricominciare, lasciarsi alle spalle quello che era una volta. Voltare pagina e provare a essere un uomo migliore. Uno che lavora, che porta a casa uno stipendio, che magari fa anche un figlio. Un figlio. Quello che gli ha tolto. E nessuno glielo restituirà mai più. Quindi forse sì, fine pena mai per me, per la donna e anche per suo marito”. In Paolo Dainese sembra farsi strada la consapevolezza del suo gesto e del significato che ha avuto per Nora e Pasquale.

Ma l’indole dell’essere umano, lo sa bene Manzini, è volubile e cambia idea facilmente. Per sfuggire agli occhi di Nora e lasciarsi tutto alle spalle, questa volta definitivamente, la violenza guiderà ancora una volta la mano di Paolo, chiudendo la vicenda con un finale crudo, senza redenzione.

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