“Il veliero sul tetto”, appunti di una clausura – Paolo Rumiz

Il libro “Il veliero sul tetto” è stato scritto dall’autore Paolo Rumiz e pubblicato nel 2020.

Marzo 2020. L’Italia, come gran parte del resto del mondo, è in lockdown, per cercare di arginare la dilagante pandemia di Coronavirus. Le vite frenetiche lavoro-palestra-aperitivo sono ormai solo un ricordo, le giornate trascorrono tra le mura domestiche, tutte uguali. 

Lo scrittore Paolo Rumiz si trova nel suo appartamento di Trieste. Inizialmente sconcertato dalla situazione, dopo un primo momento si dedica alle attività da tempo trascurate. Trascorre le sue giornate in cucina e riempiendo taccuini lasciati bianchi da troppo tempo.

È un viaggio introspettivo, il suo, che parte dalle cose di tutti i giorni per toccare poi temi quali l’Europa e la situazione mondiale. Grazie alle sue innumerevoli esperienze, Paolo Rumiz trova un modo per viaggiare pur rimanendo a casa. Un giorno, lo scrittore sale sul tetto, da cui domina con la vista il mare. Il tetto sembra un veliero, proteso verso grandi novità, che in un momento tanto delicato possono fare paura, ma danno anche un filo di speranza.

Seduto sul suo veliero, Rumiz si lascia accarezzare il viso dalla fresca brezza mattutina, e riflette sulle sorti dell’Europa, sgretolata dal virus ma non solo, che ha chiuso tutte le frontiere, e addita come appestato chiunque venga da altri Paesi. Ripensa agli anni passati, in cui era l’Italia a non volere le popolazioni dei Carpazi, e sorride pensando a come si sia ribaltata la situazione. Adesso sono gli italiani a fare paura, i portatori del virus, quelli che vanno lasciati fuori ad ogni costo. La normalità sembra essersi rovesciata all’improvviso. Ma cos’è poi la normalità? La fame nel mondo, il riscaldamento globale, le grandi foreste bruciate per far spazio ai terreni agricoli, i barconi dei migranti, la differenza tra bianchi e neri. Se questa è la normalità a cui siamo abituati, “mai più la vita di prima” si augura Rumiz.

Di questi mesi di clausura forzata però, lo scrittore non ha solo una visione negativa. Il tanto tempo libero non è tempo sprecato, se si riesce ad utilizzarlo per rinforzare i legami con la famiglia o terminare cose lasciate in sospeso per anni. E così, tra una chiacchierata su Skype con il nipotino svizzero e una telefonata a vecchi amici, il tempo trascorre, come ha sempre fatto, unico caposaldo in questa situazione surreale.

Ma una domanda si fa strada prorompente: riusciremo a tornare alla vita di prima? E se sì, è giusto tornare alla vita di prima o dobbiamo cambiare qualcosa?

Il libro scritto da Paolo Rumiz è nato interamente durante il periodo di lockdown, e nasce con l’idea di mettere insieme appunti sparsi, presi in momenti più o meno difficili. Per questo si alternano capitoli spensierati a capitoli più cupi e frastornati, che rispecchiano perfettamente la situazione mondiale, unica nel suo genere.

Come durante l’epidemia di Spagnola di cent’anni fa, le persone sono chiamate a chiudersi in casa, e ad uscire solo se strettamente necessario, per fare la spesa o andare in farmacia. Gli uffici e i negozi sono chiusi, le attività considerate non primarie si sono fermate. Le strade sono vuote, le uniche cose che si muovono sono le cartacce sospinte da qualche refolo di vento. Da tutto lo stivale giungono foto e voci di avvistamenti di animali nei centri abitati. Cervi, volpi, cinghiali, lupi osservano le città deserte e silenziose come non le hanno mai viste. Le catastrofi si ripetono, il mondo come lo conosciamo si ribalta. Le famiglie vengono messe a dura prova, costrette sempre in casa sotto lo stesso tetto, a volte senza balcone o giardino. Molte coppie scoppiano, non ce la fanno a sopportarsi. Lo stress è tanto, molti perdono il lavoro, chi lavora da casa in smart working non sa dove mettere i figli.

In questo periodo difficile ed incerto, Paolo Rumiz ci invita a fermarci un attimo e a riflettere. Riflettere su cosa vuol dire libertà, ora che ci è stata temporaneamente negata. Sull’emarginazione, sullo sfruttamento della natura e sul nostro comportamento quotidiano, sempre di fretta, mentre la vita ci scivola via. Che questo campanello di allarme ci serva da monito, perché se vogliamo davvero cambiare le cose, serve un repentino cambio di rotta.

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