“Una vita come le altre” – ma molto diversa, Alan Bennett

Alan Bennett è nato nel 1934 a Leeds in Gran Bretagna, ed è uno scrittore, drammaturgo attore e sceneggiatore. E’ famoso anche nel mondo teatrale italiano perché ha collaborato con l’attrice Anna Marchesini, che ha recitato in parecchie sue opere tra cui: “Un letto fra le lenticchie”, “La grande occasione” e “Una patatina nello zucchero”.

Il libro “Una vita come le altre” ha una trama autobiografica, in cui l’autore racconta la sua vita partendo dai periodi di depressione attraversati dalla madre. L’ordine del racconto non è cronologico, ma rispecchia piuttosto il flusso di pensieri del narratore, il quale segue vari spunti e li trasmette, tessendo un racconto molto sfaccettato.

Partendo da una crisi depressiva della madre particolarmente acuta cui segue il ricovero in ospedale psichiatrico (molto diffuso in quegli anni), Alan Bennett percorre un viaggio introspettivo, guidato anche dalle varie informazioni che pian piano gli vengono rivelate dal padre. Alla domanda di un assistente sociale dell’ospedale psichiatrico dov’è ricoverata la madre: C’è stato qualche altro caso di malattia mentale nella vostra famiglia?”, Alan risponde di getto di no. Poi però il padre gli rivela il tragico suicidio sempre taciuto del nonno.

Da qui in poi Alan racconterà la vita delle zie, sorelle della madre, che aveva sempre visto come donne libertine, dalla vita felice e piena. Addentrandosi nella loro esistenza, Alan capisce però che non tutto è roseo come gli appariva da ragazzo. Una delle due ha avuto dei problemi con l’alcolismo, un’altra si è distrutta per amore a causa di un uomo che l’aveva abbandonata.

Alan passa poi a raccontare la vita dei suoi genitori prima e dopo il matrimonio calcando la mano sul fatto che non avessero amici o quasi, e che avessero sempre tentato di distinguersi dalla massa operaia, definita “ordinaria” dalla madre, ma che non ci siano mai riusciti fino in fondo.

L’ultimo personaggio che Alan analizza è sé stesso, mettendosi completamente a nudo anche in descrizioni e confessioni scomode.

Non avrei mai creduto di rimanere piacevolmente colpita da questo libro, invece mi ritrovo qui a consigliarlo a tutti. Di sicuro è un libro diverso dalle storie a cui siamo abituati. Possiamo dire che nel libro non accade niente, non ci sono buoni e cattivi, colpi di scena o eventi salienti. Semplicemente è il flusso di coscienza dell’autore, che decide di raccontarsi senza mezze misure.

Mettendomi nei suoi panni, dev’essere stato veramente difficile raccontare delle varie depressioni della madre, in un’epoca in cui non si usava molto parlare di queste cose (peraltro anche adesso si preferisce evitare di dire che un familiare o un caro amico soffre di depressione o va da uno psicologo), e i pazienti venivano sottoposti all’elettroshock. Mi ha colpita il modo freddo e distaccato il modo in cui Alan descrive gli attacchi della madre e la pazienza infinita del padre nello starle accanto e cercare di aiutarla in tutti i modi, andando a trovarla tutti i giorni anche solo per stringerle la mano. Devo ammettere che in alcuni punti mi è venuto in odio lo scrittore, perchè reputa l’andare a trovare la madre una perdita di tempo, specie durante gli ultimi periodi in cui lei non lo riconosce più per colpa della demenza senile. Ho provato pena per Lilian, la madre, e risentimento per Alan, il figlio.

Nonostante la trama del libro non tratti argomenti coinvolgenti, mi ha tenuta incollata fino all’ultima pagina, perché ero curiosa di sapere come sarebbe andata a finire l’auto analisi dell’autore. Ho sentito molto vicino a me i fatti raccontati, e anche se non condivido parecchi punti di vista dell’autore, mi è piaciuto conoscere la sua opinione.

Consiglio a tutti questo libro perché indubbiamente offre molti spunti per riflettere su temi molto attuali: la depressione, l’emarginazione sociale, la demenza senile e la considerazione dell’individuo. Nonostante gli argomenti non proprio semplici la lettura è scorrevole e si fa leggere volentieri.

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