“La scomparsa dell’Erebus” – avventure tra i ghiacci, Dan Simmons

Dan Simmons è considerato uno dei massimi narratori americani di science fiction, fantasy e horror. “La scomparsa dell’Erebus” è il suo tredicesimo romanzo, ed è l’unico romanzo storico d’avventura.

19 maggio 1945. L’Erebus e la Terror, due velieri agli ordini di Sir John Franklin e di Francis Crozier, salpano dall’Inghilterra alla ricerca del leggendario Passaggio a Nordovest; verranno ritrovati anni dopo intrappolati nel ghiaccio artico.

Sulla base di un documentato episodio storico, Simmons racconta un’allucinante avventura. Gli equipaggi delle due navi, bloccati nella morsa del freddo e sprofondati nel silenzio spezzato solo dagli scricchiolii del ghiaccio e dalle tempeste di fulmini, si ritrovano a lottare contro gli elementi, ma anche contro la disperazione e la follia, sempre pronta a insinuarsi nelle menti dei marinai dispersi.

Quando, alla morte di Franklin, prende il comando della spedizione Crozier,capitano della Terror, il terzo inverno sulla banchisa è vicino e i superstiti si preparano ad affrontarlo nella speranza di resistere fino al disgelo. La situazione è prossima al disastro: le provviste scarseggiano e lo scorbuto comincia a mietere vittime. Tra ammutinamenti, crisi ed episodi di cannibalismo, l’isolamento non sembra però la minaccia peggiore. Mentre una giovane esquimese muta, soprannominata Lady Silence, si muove indisturbata sulla Terror e sparisce per giorni, insensibile a freddo e fame, sembra fare la sua apparizione una creatura sconosciuta, intelligente e malevola, che si aggira tra i ghiacci e dà la caccia agli uomini dell’equipaggio, uccidendoli a uno a uno…

“La scomparsa dell’Erebus”, a detta dell’autore, è nato come un esperimento. Dan Simmons ha voluto intrecciare dei fatti realmente accaduti, che ha studiato minuziosamente, rivolgendosi a molte fonti storiche citate nei ringraziamenti, con una leggenda Inuit. Tutti i personaggi citati sono i marinai realmente esistiti che avevano preso parte alla spedizione. Ognuno di loro presenta tratti molto personali e distintivi. Non esiste un vero e proprio protagonista (a meno che non si voglia considerare l’ultimo sopravvissuto). Tutti aggiungono storie diverse, pensieri, sentimenti ed emozioni alla narrazione-guida delle vicende.

L’autore racconta gli avvenimenti facendo parlare i vari personaggi, alcuni direttamente in prima persona, altri in terza persona. Non mancano inserimenti di lettere e pagine di un diario, tenuto da uno dei medici di bordo. Oltre a cambiare spesso il punto di vista, Simmons inserisce continui flash back e flash forward, che alleggeriscono la lettura, rendendola piacevole e scorrevole.

La narrazione parte a metà dell’avventura delle due navi, trascinando il lettore nel pieno delle vicende. Ma Simmons è un maestro nel raccontare, pagina dopo pagina, gli eventi già successi, svelando una situazione sempre più disperata. Gli uomini hanno già iniziato a morire, uccisi dalla creatura dei ghiacci, che viene inizialmente considerata un’orso polare dalle dimensioni troppo grandi. Crozier è rimasto il capitano della spedizione, essendo già morto Franklin. Ben presto appare chiaro che i soccorsi non arriveranno in tempo, per cui dev’essere presa la decisione di abbandonare le navi e cercare di arrivare in qualche villaggio. Per gli uomini, temprati dal gelo degli inverni trascorsi e dalla scarsità di cibo, questo significa un viaggio verso l’ignoto, durante il quale molti troveranno la morte.

Le vicende sono contornate da excursus che raccontano il paesaggio polare, i movimenti del pac e il comportamento del ghiaccio. Insieme agli ice masters, il lettore imparerà a riconoscere gli scricchiolii delle creste di pressione e a predire i movimenti del ghiaccio. In Crozier ritroveremo le doti di un grande leader, che non abbandono i suoi uomini neanche quando le condizioni sono disperate, disposto ad andare incontro anche ad ammutinamenti per cercare di trarre tutti in salvo.

Le giornate nell’Artico scorrono tutte uguali, sembra che la vita si sia fermata. Le infinite notti polari con temperature a settanta gradi sotto zero, i vestiti sempre fradici, il freddo pungente che non abbandona mai gli uomini, costretti a contendersi le poche gallette rimaste, i turni di guardia sul ponte per assicurarsi che la creatura non attacchi di sorpresa, i crepitii improvvisi del ghiaccio che si spezza, è questa la realtà per l’equipaggio. Ben lontana dalle feste danzanti di Londra e i pranzi al Club dei Capitani.

A dare un tocco di unicità al romanzo è la leggenda Inuit del Tuunbaq, la creatura che attacca i marinai.

“Gli uomini sapevano. Crozier sapeva che sapevano. Sapevano che era il demonio, là fuori sui ghiacci, non un orso bianco più cresciuto del normale.”

Per tutta la lettura del romanzo il lettore si chiede cosa sia e perché voglia uccidere i marinai. Tutto verrà svelato alla fine. Un finale conosciuto, perché raccontato da ritrovamenti storici, al quale Dan Simmons riesce a dare un’interpretazione completamente diversa, che lascerà a bocca aperta.

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